Una delle cose che
spesso facciamo è di regolare la nostra ventilazione del paziente sulla base
dell’Etco2. Ma siamo proprio sicuri che sia corretto?
Il post qui sotto
(tratto da Ventilab.org che ringrazio) pone alcune riflessioni interessanti sul
monitoraggio della EtCo2 in sala operatoria e in terapia intensiva.
Il monitoraggio di un
paziente critico ci consente di acquisire numerose tracce da visualizzare sui
monitor: pressioni invasive, ECG, pulsossimetria, monitoraggio neuromuscolare,
EEG, capnografia, pressione, volume e flusso delle vie aeree, pressione
esofagea, ….. A volte il numero di tracce è superiore alle possibilità di
visualizzazione del monitor e dobbiamo scegliere quali vedere e quali togliere.
Tra le tracce sempre presenti c’è la capnografia,
mentre magari si rinuncia alle curve pressione-tempo e pressione-flusso del
monitoraggio respiratorio. Infatti ormai la capnografia e il valore di CO2 di fine espirazione (end-tidal CO2, ETCO2) sono un
cardine del monitoraggio del paziente critico.
Vale quindi la pena
chiedersi quali siano le implicazioni cliniche di capnografia ed ETCO2 e
come possano influire sulle nostre decisioni.
La capnografia può essere utilizzata sia come
monitoraggio “generale” sia, in maniera più specifica, per la gestione della
ventilazione meccanica. Proviamo ad esaminare separatamente questi aspetti.
Capnografia e ETCO2 nel monitoraggio generale del paziente.
- Conferma dell’intubazione tracheale. Inseriamo qui questo aspetto (e
non nella ventilazione) perchè, pur essendo legato alla ventilazione, ci
fornisce una singola informazione iniziale e non ha poi più alcun impatto sulle
scelte relative alla ventilazione meccanica. La capnografia ci
può confermare se il tubo tracheale ha
il proprio estremo distale nelle vie aeree.
Infatti, se abbiamo posizionato correttamente il tubo tracheale, vedremo la regolare espirazione di CO2 ad ogni atto respiratorio. A questo
proposito la capnografia riveste un ruolo importantissimo soprattutto nell’intubazione difficile.
Penso che tutti abbiamo accolto con gioia una bella curva capnografica dopo
un’intubazione disperata! Da ricordare che bisogna avere un po’ di pazienza: di
norma la curva capnografica ha circa un paio di secondi di ritardo, quindi apparirà sul monitor con una breve latenza rispetto
all’espirazione.
- Valutazione della funzione cardiocircolatoria. A parità di ventilazione, la CO2 espirata dipende dallaperfusione polmonare.
Ne consegue che riduzioni della portata cardiaca (e
quindi della perfusione polmonare) determinano immediate riduzioni della CO2 espirata. Da questo derivano un paio di
rilevantiimplicazioni
cliniche. Una rapida riduzione della ETCO2 ci
suggerisce un calo della portata cardiaca, come
in caso di embolia polmonare. Inoltre durante la rianimazione cardiopolmonare laETCO2 consente di valutare l’efficacia delle manovre rianimatorie: una ETCO2 < 10 mmHg durante le manovre
rianimatorie si associa infatti al mancato ripristino dell’attività
cardiocircolatoria spontanea (1).
Capnografia e ETCO2 nel monitoraggio finalizzato alla gestione
della ventilazione meccanica.
- Stima della PaCO2. Questo uso della capnometria è spesso
sfruttato per decidere volume corrente efrequenza respiratoria.
Tuttavia sembra un uso improprio perchè privo di razionale fisiologico e inantitesi con
le osservazioni cliniche.
La differenza tra PaCO2 ed ETCO2 dipende dalla presenza dimalattie polmonari,
dall’impostazione della ventilazione meccanica e, come abbiamo visto
prima, dallaperfusione
polmonare. L’interazione tra
queste variabili è complessa e quantitativamenteimprevedibile: anche in soggetti senza malattie polmonari preclude una stima della PaCO2 dallaETCO2 (2,3). L’esistenza di una correlazione tra PaCO2 ed ETCO2 non significa che dall’una si possa ricavare l’altra. Vediamo, ad esempio,
dal grafico sottostante che pazienti con una ETCO2 di 35 mmHg possono avere
PaCO2 tra 20 e oltre 50 mmHg (4): un’informazione veramente inutile nella
pratica clinica! Mi sento pertanto di sconsigliare vivamente l’utilizzo della ETCO2 per guidare la ventilazione meccanica.
- Diagnosi di disomogeneità polmonare. La mancanza di plateau nella fase alveolare (tratto
CD nell’immagine sottostante) indica disomogeneità polmonare,
cioè la presenza di aree con differentecostante di tempo e differenti livelli di CO2.
Questo dato è sicuramente interessante da un punto di vista fisiopatologico e
può farci capire meglio il paziente che abbiamo di fronte ma difficilemente
si traduce in una variazione dell’impostazione della ventilazione.
- Monitoraggio della paralisi muscolare ed interazione
paziente-ventilatore. Il monitoraggio graficodella ventilazione meccanica con le curve flusso-tempo e pressione-tempo è assolutamente più preciso, accurato e specifico del capnogramma (opinione personale).
Una buona conoscenza del monitoraggio grafico ci fornisce informazioni più precoci e complete rispetto
al capnogramma, come abbiamo potuto più volte constatare nei post dedicati al
monitoraggio grafico della ventilazione.
- Valutazione dello spazio morto. Per poter disporre di questo dato ci
serve il monitoraggio volumetricodella CO2 espirata, che pochi ventilatori e monitor ci
offrono. Esso differisce da quello tradizionale perchè sull’asse delle ascisse il volume prende
il posto del tempo (vedi figura qui sotto).
E’ noto che la frazione
di spazio
morto è un predittore di outcome nei
pazienti con ALI/ARDS (5-7), tuttavia non ci aiuta a
trovare l’impostazione migliore della ventilazione meccanica (8,9). In altre parole, ci dà
informazioni sulla gravità ma non sulla terapia.
Conclusioni.
Questo breve spazio
consente solo di accennare sinteticamente al meraviglioso mondo della
capnografia. Penso che però possa essere sufficiente per giungere ad alcune conclusioni pratiche:
- la ETCO2 è
importante per la conferma dell‘intubazione tracheale;
- rapide riduzioni di ETCO2, a ventilazione costante,
indicano riduzioni della portata cardiaca;
- durante la rianimazione cardiopolmonare ETCO2 < 10 mmHg ci devono indurre ad ottimizzare, se possibile, le manovre rianimatorie;
- ETCO2 e capnometria non hanno alcuna utilità pratica
nella scelta dell’impostazione della ventilazione meccanica.
In definitiva, la capnografia rivolge il proprio
sguardo principalmente alla funzione cardiocircolatoria che a quella
ventilatoria.
Bibliografia.
1) Neumar RW et al. Adult
advanced cardiovascular life support: 2010 American Heart Association
guidelines for cardiopulmonary resuscitation and emergency cardiovascular care.
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2) Nunn JF et al.
Respiratory dead space and arterial to end-tidal CO2 tension difference in
anesthetized man. J Appl Physiol 1960; 15: 383-9
3) Russell GB et
al. The arterial to end-tidal carbon dioxide difference in neurosurgical
patients during craniotomy. Anesth Analg 1995; 81:806-10
4) Yosefy C et al.
End tidal carbon dioxide as a predictor of the arterial pco2 in the emergency
department setting. Emerg Med J 2004; 21:557-9
5) Nuckton TJ et
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respiratory distress syndrome. N Engl J Med 2002;346:1281-6
6) Lucangelo Uet
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7) Cepkova M et
al. Pulmonary dead space fraction and pulmonary artery systolic pressure as
early predictors of clinical outcome in acute lung injury. Chest 2007;
132;836-42
’8) Blanch L et
al. Volumetric capnography in patients with acute lung injury: effects of
positive end-expiratory pressure. Eur Respir J 1999; 13: 1048-54
9) Beydon L et
al. Effects of positive end-expiratory pressure on dead space and its
partitions in acute lung injury. Intensive Care Med 2002; 28:1239–45
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